La Pet Therapy nei bambini, negli anziani e nei cardiopatici

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  1. luca79liamstaff
     
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    Pet therapy nei bambini
    Per quanto riguarda la pet-therapy nei bambini, al principio di questo secolo Levinson
    iniziò le sue ricerche quasi accidentalmente scoprendo che gli animali agiscono da
    "catalizzatori" per le interazioni umane . Bisogna ricordare che negli anni settanta, nel
    laboratorio di Harry Harlow nell'Università del Wisconsin e nel California Primate Center
    diretto a Davis da Bill Mason vi fu un fiorire di ricerche etologiche sui primati al fine di
    caratterizzare il tipo di relazione che si stabilisce tra il neonato e la madre. Tali ricerche
    furono a loro modo rivoluzionarie poichè misero in luce il fondamentale ruolo svolto dalla
    relazione madre piccolo (intesa nel suo dinamismo in cui entrambi i membri hanno un ruolo
    attivo) sullo sviluppo del comportamento della prole, evidenziando i meccanismi
    potenzialmente responsabili della genesi di alcune malattie psichiatriche, quali l'autismo.
    Nel corso di queste ricerche venne sperimentato l'uso di consimili di giovane età (scimmie
    terapeutiche) e di altri animali, quali i cani, per il recupero di giovani primati con
    caratteristiche autistiche, la' ove surrogati inanimati (fantocci di pezza) erano invece
    risultati inefficaci. Recenti studi sull'uomo dimostrano come il rapporto con un animale
    risulti in un maggiore senso di sicurezza e una più alta motivazione ad interagire
    socialmente e ad apprendere: basti l'esempio della bambina autistica che imparò a contare
    fino a tre per dare il via a dei giochi nei quali era coinvolto il suo cane. L'aumento di
    motivazione è stato registrato, per esempio, nei casi in cui gli animali vengano
    regolarmente tenuti nelle classi con bambini con ritardo mentale: l'animale diviene un polo
    di attrazione, con l'effetto di ridurre, almeno parzialmente, le difficoltà di apprendimento


    Pet-therapy negli anziani
    Un gruppo di psicologi ha condotto uno studio sistematico per analizzare il potenziale
    giovamento apportato dalla pet-therapy su degli indici generali di umore di un gruppo di
    anziani ospiti di una casa di riposo (6). L'esperimento è consistito nell'introduzione nella
    casa per anziani di un cane addestrato per un periodo di sei mesi. Ai pazienti sono stati
    effettuati numerosi test, sia prima che in seguito al periodo di convivenza con il cane, per
    valutare gli eventuali cambiamenti in una serie di parametri sia fisiologici che psicologici.
    Alla fine del periodo di osservazione i soggetti sembravano aver acquistato un maggior
    buon umore, erano più sorridenti, più gioviali, allo stesso tempo dimostrando maggiore
    reattività e socievolezza, al contrario di pazienti di controllo che non avevano avuto
    l'opportunità di interagire con l'animale. I dati, sia pur interessanti, vanno valutati con
    cautela. Una prima considerazione da fare è che i test psicologici venivano effettuati dallo
    staff della clinica e non da medici esterni. Questo fattore, e la fiducia a priori che i membri
    della clinica dimostravano nei confronti dell'efficacia del trattamento, costituiscono delle
    variabili da non sottovalutare. Va inoltre considerato che l'arrivo di un animale in un
    ambiente clinico-ospedaliero potrebbe di per se' modificare le attitudini e i modi degli
    operatori, se non altro per il carattere di novità dell'evento.
    Altri studi hanno valutato l'impatto terapeutico degli animali da compagnia. La maggior
    parte ha saggiato l'effetto dell'animale su persone disturbate, depresse, su portatori di
    handicap o sugli anziani. Molti studi clinici hanno riportato effetti quasi miracolosi, ma nel
    complesso sono osservazioni inconclusive e di difficile interpretazione.

    Pet-therapy nei cardiopatici
    Forse una delle prove più interessanti e sorprendenti del legame tra salute dell'uomo e
    animali da compagnia è il risultato di uno studio condotto da una dottoranda americana,
    Erika Friedman, sull'effetto delle condizioni sociali e dell'isolamento sulla sopravvivenza di
    un gruppo di infartuati (7). I dati di questo studio sembrerebbero suggerire che alcuni tipi di
    contatti sociali e, in particolare, il possedere un animale da compagnia, sia legato a più alte
    probabilità di sopravvivenza in seguito ad un infarto. L'effetto riscontrato non sembra
    essere la conseguenza della necessità di portare a spasso gli animali, cosa che potrebbe
    risultare comunque in uno stile di vita più sano. Successivamente, lo stesso gruppo è stato
    in grado di dimostrare che l'animale di compagnia ha la capacità di "rilassare" il proprio
    padrone, con un conseguente abbassamento della pressione sanguigna. E' stato infatti
    dimostrato come la pressione arteriosa di un individuo possa diminuire come conseguenza
    dell'accarezzamento di un cane. In un ulteriore studio, condotto su soggetti giovani, è stato
    dimostrato che la pressione sanguigna di un bambino posto in una situazione non familiare
    è minore in presenza di un cane, indipendentemente dalla possibilità di contatto fisico con
    lo stesso.
    Più in generale, gli animali da compagnia sembrerebbero esercitare un effetto misurabile
    sulla prevalenza dei problemi di salute ordinari quali raffreddori, mal di testa, dolori alla
    schiena e insonnia. Il possesso di un animale da compagnia sembrerebbe anche giocare un
    ruolo importante incrementando il benessere psicologico e i livelli di autostima del
    padrone.

    fonte: aspetti socio educativo psicologici della pet therapy saggio psicoterapia
     
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