Unità Cinofile da Soccorso

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    Cani “da lavoro”.
    Cani “da guardia”.
    Cani “da compagnia”.
    Quante volte sentiamo usare questi termini, in modo proprio o improprio, per definire non tanto gruppi di razze, ma cani talmente finalizzati ad un certo impiego da divenire quasi una categoria a sé.
    Sorge, credo in molti, spontaneo l’interrogativo: “ma il mio cane, quello di casa, potrà imparare a lavorare e rimanere al contempo un buon compagno di vita?”.
    Spesso si crede che i cani che “lavorano” siano dei fuoriclasse che stanno al cane di casa come una Ferrari sta ad una Punto.
    E’ certamente vero che le moderne specializzazioni dell’agonistica canina (dall’obedience, all’agility, all’utilità) esigono l’impiego di soggetti in possesso di determinati requisiti psico-fisici. E’ vero anche che tecnicamente si pretendono una precisione e velocità di esecuzione che possono essere ottenute solo con un lungo ed impegnativo lavoro. Un lavoro che richiede molta competenza: è senz’altro fondamentale, se si vuole addestrare il proprio soggetto per qualche disciplina sportiva, affidarsi a centri seri e competenti; diversamente il rischio di vedersi “rovinare” il cane caratterialmente è alto.
    Questo tuttavia non significa che l’approccio alle attività di sport cinofilo richieda un “supercane” o sia sconsigliabile ai neofiti.
    Anzi, spesso l’addestramento nel vero senso della parola (a prescindere dall’educazione di base che TUTTI i proprietari dovrebbero saper impartire ai propri cani) aiuta ad instaurare con l’animale un corretto e più profondo rapporto.
    La mia esperienza è quella del soccorso cinofilo, attività che ho praticato attivamente come conduttore e istruttore.
    Credo che ormai siamo tutti abituati a vedere le immagini tristemente note dopo un terremoto, un’alluvione o una sciagura in montagna relative a cani che coi propri conduttori cercano tra le macerie, in acqua o sotto cumuli di neve da cui vengono estratte persone, purtroppo non sempre ancora in vita.
    Ma cosa c’è dietro a tutto questo?
    Tantissimo impegno: ve lo può assicurare una persona che ha svolto attività di ricerca in superficie di dispersi per vari anni.
    E anche la competenza di buoni istruttori in tutti i casi in cui il cane viene impiegato con successo nel lavoro operativo.
    Vorrei focalizzare l’attenzione soprattutto sui requisiti che deve possedere la coppia uomo-cane da soccorso e sul tipo di lavoro che viene svolto per l’addestramento specifico dell’unità cinofila.

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    L’UNITA’ CINOFILA DA SOCCORSO

    Dicesi unità cinofila da soccorso la coppia conduttore-cane.
    Il conduttore non è necessariamente il proprietario del cane.
    Attenzione però a prestare il vostro “poverocane che sta sempre da solo” all’amico con tanto tempo a disposizione e spirito di volontariato: se l’amico è bravo il cane diventa il suo!
    In effetti il rapporto tra conduttore e cane in questo tipo di lavoro deve essere strettissimo e la fiducia reciproca massima.

    Questo per vari motivi:

    · In primis poiché si andrà ad operare in condizioni difficili, spesso estreme, in cui l’animale dovrà quasi sempre lavorare libero.
    La fiducia nel conduttore aiuta il cane a superare stress, fatica e a volte paura (es. quando la terra trema).
    Il conduttore che conosce profondamente il carattere, la preparazione e le reazioni del proprio cane è l’unico che può impiegarlo con successo e sicurezza in ricerca reale.
    · Lo stretto rapporto uomo-cane motiva molto l’animale nel lavoro.
    Si pensi per esempio che al cucciolo viene insegnato a cercare il disperso proprio facendo nascondere il conduttore.
    Ovviamente l’affetto ed il rapporto che legano cane e uomo devono essere tali da indurre il cane ad ignorare le distrazioni (altri cani e persone sempre presenti, odori diversi) e tentare di raggiungere il suo Dio-in-terra.
    · Tutto il lavoro di addestramento del cane è basato sul piacere di lavorare insieme la conduttore: che sia costituito dalla carezza, dalla lode verbale, dal gioco il “premio”, è la chiave di volta per imparare se ad elargirlo è l’amato capobranco.

    Va detto che se un buon rapporto di fiducia è la base per iniziare un buon lavoro, esso crescerà comunque nel corso del tempo grazie alle tante ore passate insieme. Spesso si lavora, si riposa, si viaggia insieme. Ci si cambia anche nome: si diventa unità Fido (e se il vostro Fido si chiama Asdrubale peggio per voi…).
    Ecco, una cosa fondamentale da mettere in preventivo è tanto lavoro.
    Durante l’addestramento, che si conclude con l’esame attitudinale (cui dovrebbe seguire l’operativo), ma anche dopo va mantenuto l’allenamento e si deve partecipare alle esercitazioni periodiche.
    L’emergenza vera, quella della tachicardia, scatta in genere o in piena notte o alle 11 di mattina quando sei alla riunione del Consiglio d’Amministrazione o stai preparando la millefoglie. Tanto vale prepararsi: difficilmente si sa la sera prima quando si deve partire. La ricerca viene in genere svolta in team e può durare vari giorni.

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    IL CONDUTTORE

    Detto questo vi sarete probabilmente già chiesti se oltre al vostro cane voi avete i requisiti psico-fisici.
    Giusto!
    Prima di tutto si tratta di solito di volontariato…ed è costoso: l’attrezzatura per se e per il cane, il mezzo di trasporto, gli spostamenti.
    Qualche volta sono previsti rimborsi, ma non sempre.
    Il ricavo dovrebbe essere solo il piacere di lavorare col cane e di essere utili. Sottolineare la necessità di una normale “buona e robusta costituzione” sembra superfluo: nel caso di problemi fisici non è comunque detto che non si possa collaborare attivamente nel gruppo in tanti modi e intanto stare col proprio cane.
    Ovviamente occorre essere persone socievoli (si lavora col proprio cane, ma in team, e si aiutano anche le altre unità); un po’ di umiltà non guasta (è un servizio); bisogna sopportare gli istruttori, che quasi sempre urlano; la pigrizia non aiuta (spesso in ricerca si compiono chilometri e chilometri e ovviamente piove a dirotto).
    No, vabbè, non scoraggiatevi: il lavoro all’aria aperta coi cani è molto motivante se la compagnia (umana) è buona!
    Quando poi si ritrova il disperso la gratificazione è enorme, anche se l’ha trovato un’altra unità, che magari è composta da un bastardone e dalla signora petulante che ti sta sulle…
    Dovrebbe comparire sui giornali la notizia “Il gruppo delle Pecore Belanti ha trovato” e non “Pinco Pallo del gruppo Pecore Belanti ha trovato”.
    Non è una gara. Non deve esserlo.
    Se voi siete la persona adatta lo scoprirete solo frequentando una sezione tra le tante sparse in Italia. Informatevi ovviamente prima per sapere se è accreditata. Magari in Prefettura, o in Comune o presso cinofili esperti.
    Questi pochi accenni non sono forse sufficienti ad inquadrare le caratteristiche di questo tipo di impegno, ma dobbiamo tornare al cane ed ai requisiti che deve possedere per intraprendere un lavoro proficuo di addestramento.
    Sto parlando essenzialmente del lavoro di ricerca in superficie, che è quello che ho svolto, ma è un discorso valido in generale nel soccorso.

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    IL CANE

    “Il mio Poldo ha dieci anni, ma è molto sveglio. Posso cominciare a lavorare come unità cinofila da soccorso?”. “La mia cucciolina di mastino napoletano è tanto intelligente vorrei usarla nel soccorso..”. “Ecco qui il mio Cocco: ieri ha morsicato il nonno e non mi posso sedere sul divano se c’è lui. Può fare qualcosa?.
    Tutte domande che un’istruttore prima o poi si sente porre.
    Vi sono grosso modo due tipi di aspiranti volontari: quello motivato veramente che ha un cane giovane o progetta l’acquisto/adozione e s’informa: generalmente resta e lavora bene.
    Quello furbo che ha qualche problema col cane e vuole scroccare l’addestramento (ovviamente gratuito o quasi) e prima o poi (quando pensa di aver risolto il problema, almeno secondo lui) se ne va.
    Allora ovviamente si chiede di esaminare anche il cane, oltre cercare di capire il tipo di persona che ci si trova davanti.
    Il cane: qual è quello idoneo per intraprendere l’addestramento?
    Punto primo, occorre ribadire che è quello che ha un buon rapporto col proprio conduttore: rapporto che si può rinforzare anche in seguito, ma solo nel caso in cui i problemi siano dovuti ad errori inconsapevoli della persona e non a freddezza o indisponibiltà verso il cane, il quale è ovviamente sempre ben disposto.

    Quale razza?

    Intanto, solo il soggetto con pedigree o anche il meticcio? Indubbiamente anche il meticcio.
    Il soccorso cinofilo è una specializzazione che ammette, per fortuna, anche i soggetti non blasonati. Spesso si rivelano adattissimi.
    Personalmente ho lavorato con Benny, una meticcia di pastore tedesco, e col suo cucciolo. Mi sono trovata benissimo.
    Ho visto vari meticci lavorare con successo, più spesso di razze da pastore, ma non solo.
    Ovviamente il meticcio deve essere sano, di taglia non troppo piccola (per sopportare la fatica) e non troppo grande.
    I requisiti psico-fisici che deve possedere sono gli stessi del cane di razza, cui accennerò oltre.
    Ovviamente il bastardino di strada con tanti problemi alle spalle sarà di più difficile recupero, ma la giovane età e l’impegno del conduttore possono fare miracoli. Visto anche questo su una meticcia “raccolta” che proprio lavorando e giocando ha superato la paura dell’uomo.
    Le razze classicamente più utilizzate in Italia per la ricerca in superficie sono quelle da pastore: pastore tedesco, pastore belga, collie, border collie, bovaro delle fiandre e altre.
    E’ frequente anche l’impiego di quelle appartenenti al gruppo utilità: riesenschnauzer, ma anche qualche dobermann e boxer. In crescita l’impiego dei retriver: labrador e golden, con ottimi risultati. C’è chi lavora con cani da caccia come il weimaraner.
    Escludendo ovviamente le taglie troppo piccole e con molti dubbi sulle estreme (non credo un mastino napoletano possa percorrere volentieri 30 chilometri di ricerca in montagna..) non ci sono particolari limitazioni sulle razze.
    E’ comunque vero che le razze più utilizzate sono state selezionate per svolgere un lavoro in collaborazione attiva con l’uomo.
    E’ tipico l’esempio del cane da pastore tipo collie che guida il gregge seguendo le istruzioni del pastore.
    Si fa senz’altro più fatica ad addestrare soggetti per loro natura portati da un lavoro più autonomo (che sia inseguire la selvaggina o fare la guardia al gregge di pecore, come il maremmano).
    Il cane deve essere ovviamente sano: qualsiasi dolore lo rende psicologicamente più labile e distraibile, oltre ad essere ovviamente immorale far lavorare un cane malato .

    *Maschio o femmina?

    Non fa differenza. La femmina è a volte più docile ed attenta al conduttore. Ovviamente non può lavorare durante i periodi di calore. Con la sterilizzazione il problema è risolto, senza ripercussioni sul carattere.
    Il maschio può essere più distraibile, soprattutto per problemi di rapporti con altri cani e “sniffi” di femmine. Evitare di far riprodurre casualmente ed ogni tanto il proprio cane non riproduttore contribuisce ad evitare problemi in tal senso.
    Visto personalmente l’effetto del “prima” e “dopo” accoppiamento sull’attenzione del cane. Il quale, ribadirlo non fa mai male, NON SOFFRE PER NULLA se non si accoppia mai (maschio o femmina che sia).

    *A quale età è giusto cominciare?

    Prima è, meglio è.
    Il cucciolo, completato il piano vaccinale e soprattutto non staccato dalla madre e dai fratelli prima delle otto settimane circa, può cominciare a frequentare un campo. E’ infatti fondamentale completare la socializzazione del cucciolo con gli altri cani (si lavora sempre in team) e con quante più persone diverse possibile.
    Il cane dovrà rimanere completamente indifferente a persone che si avvicinano, lo accarezzano, toccano il conduttore, e interagire positivamente con i volontari “cavia” che lo premiano quando trova, facendolo giocare o offrendo carezze e bocconi.
    Il disperso molto spesso è poi un bambino, una persona anziana o spaventata, a volte non in possesso di tutte le facoltà mentali, le cui reazioni sono difficilmente prevedibili.
    Più il cane è avvezzo al contatto con persone diverse meglio è.
    Il cucciolo comincia da subito ad effettuare brevi e facili ricerche sul suo conduttore e a ricevere l’educazione fondamentale.
    Il lavoro vero e proprio comincerà verso i sei mesi, ma dipende dalla razza e dalla maturità del soggetto.
    Se il vostro amico ancora lo cercate pianificatene l’acquisto (o adozione) tenendo conto della razza o incrocio, dell’indole, ma anche assicurandovi che il cucciolo abbia goduto di una buona socializzazione e non sia cresciuto in isolamento.
    E’ possibile iniziare a frequentare un campo d’addestramento anche con un cucciolone o un adulto: le possibilità che apprenda un buon lavoro dipendono ancora una volta dal rapporto che si è creato col proprio animale e dal tipo di vita, più o meno stimolante, che esso ha condotto fino da allora.
    Ho visto cani di due anni e anche oltre apprendere bene e conduttori totalmente incapaci di “cavare un ragno dal buco” col proprio cucciolo o cucciolone…
    Iniziare il lavoro col cane in età avanzata è possibile solo se si ha un animale molto equilibrato, socializzato e ci si è correttamente posti come capobranco, ma non è impossibile.

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    *Che tipo di carattere deve avere il cane da soccorso?

    La risposta traspare in parte dalle righe precedenti: doti quali la sociabilità (cioè la capacità di socializzare con l’uomo e coi propri simili, presente sempre nel cucciolo in varia misura) e la docilità (attitudine a seguire il conduttore e rispondere positivamente agli ordini impartiti) sono fondamentali.
    Possono ovviamente essere esaltate col lavoro, ma devono in ogni caso essere naturalmente presenti nel soggetto.
    Altra caratteristica caratteriale fondamentale è il temperamento, inteso come velocità di reazione ad uno stimolo.
    Un temperamento brillante è senz’altro un’ottima base di lavoro.
    Il cane reattivo, una volta compreso cosa ci si aspetta da lui, eseguirà volentieri e rapidamente i vari esercizi.
    Un soggetto di scarso temperamento, come quello quasi apatico che adora più di tutto al mondo il suo cuscino, sarà sempre più difficile da motivare.
    D’altra parte anche i soggetti iperreattivi possono essere problematici e vanno rallentati: si sono segnalati casi di dobermann che hanno avuto incidenti lavorando su scale e passerelle troppo velocemente.
    L’accenno all’incidente ci aiuta a spiegare l’importanza di un’altra dote caratteriale che il nostro “soccorritore” deve possedere nella giusta misura: la tempra, che è quell’equilibrio di fondo che consente al cane di poter sopportare i tanti “disturbi” naturalmente presenti nell’ambiente d’addestramento e soprattutto in operatività, senza distrarsi dal suo lavoro. Senza voler fare dei cani tanti “Rambo” è chiaro l’ambiente sottopone costantemente il cane a stimoli (vocali, olfattivi, meteorologici, ecc.) che deve imparare a sopportare per continuare a seguire la traccia anche per tempi prolungati: a volte la ricerca si conclude in un’ora ma nella maggioranza dei casi non si è così fortunati.
    Anche in questo caso i cani molto duri (tempra molto alta) possono essere difficili da addestrare, al pari di quelli di poco temperamento.
    Quest’accenno è anche utile a ribadire che le condizioni di salute del cane devono essere perfette (quindi i controlli veterinari frequenti).
    Ovviamente la capacità di concentrazione sul lavoro specifico non significa che il cane non debba anche essere sempre molto attento agli stimoli esterni: cambiamenti di direzione del vento, richiami del conduttore, presenza di altri animali o persone, in una parola possedere una buona “vigilanza”.

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    Tutte queste doti insieme, ma anche il suo personale bagaglio di esperienze concorrono a formare l’intelligenza del cane, cioè la sua capacità di imparare in tempi ragionevoli e ricordare nel tempo; ho visto spesso cani in grado di trovare autonomamente nuove soluzioni al problema del ritrovamento del disperso, a seconda delle condizioni.
    Nel bagaglio genetico del nostro cane, specie di alcune razze, sono naturalmente presenti caratteristiche utili per altri scopi come la guardia e la difesa, ma da tenere sotto stretto controllo nel lavoro di soccorso.
    Sto parlando dell’aggressività, ma anche della possessività e della combattività.
    La prima è intesa come la prontezza di reazione a stimoli che il cane riconosce come minaccia a se stesso e al branco: ovvio che reazioni aggressive immotivate e incontrollate sono deleterie nel lavoro di protezione civile, per la sfiducia che ingenerano verso il cane se non altro. Questo non significa che non si possano impiegare razze potenzialmente aggressive, significa solo che tale caratteristica si deve controllare ancora una volta con la socializzazione e con un buon rapporto gerarchico col conduttore (che deve essere il capobranco e quindi controllare perfettamente il cane).
    In altre parole, un soggetto che lavora tranquillamente in mezzo ai suoi simili e a persone anche in movimento o concitate non perde il suo istinto di difesa: dietro il cancello della villetta continuerà a difendere la sua proprietà ed in caso di reale pericolo a difendere il suo conduttore.
    Simili considerazioni si possono fare riguardo alla combattività (la capacità di lottare contro il potenziale “nemico) ed alla possessività (tendenza a considerare esclusivamente proprie cose o persone), doti caratteriali che, pur presenti in molti soggetti da utilità, non vanno assolutamente esaltate.
    Concludendo: il cane da soccorso ideale è un cane molto equilibrato, sicuro, senza caratteristiche estreme, spiccatamente intelligente e reattivo in giusta misura.
    Sicuramente molto socievole e socializzato. Per questo può andare va bene anche il meticciotto di casa.

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    COME SI LAVORA COL CANE DA RICERCA DI PERSONE DISPERSE IN SUPERFICIE?

    Va premesso che i metodi possono essere un po’ diversi a seconda delle associazioni che si frequenta.
    Tuttavia esiste un “protocollo” comune per tutti gli istruttori che preparano unità cinofile da soccorso.
    Esso è costituito dalle prove che le unità devono superare nel corso degli esami “attitudinali” prima e di quelli “operativi” poi (se effettuati).
    E’ una specie di controllo che giudici riconosciuti Enci fanno sulla preparazione del binomio e sulla sua capacità d’intervento in caso di calamità.
    Si lavora sul cane essenzialmente in due modi: preparandolo a seguire la traccia odorosa di un disperso e rendendolo perfettamente controllabile in ogni momento dell’operatività attraverso una serie di esercizi di obbedienza e di “palestra”.
    Gli esercizi di ricerca cominciano, come già detto, possibilmente quando il cane è ancora cucciolo.
    Si fa nascondere il conduttore a pochissima distanza, sfruttando l’attaccamento del cane nei suoi confronti, mentre un’altra persona lo guida nella ricerca.
    Quando il cane trova viene abbondantemente ricompensato con la voce, le carezze, il cibo, il gioco, a seconda del suo temperamento e delle sue preferenze.
    A poco a poco si allungano la distanza e la complessità della ricerca e si inseriscono disturbi (altre persone o animali che il cane deve ignorare).
    Si sostituisce poi il conduttore con finti dispersi sempre diversi e si insegna ai cani a lavorare a gruppi, cercando il massimo affiatamento tra gli animali che collaboreranno nella ricerca.
    Vi sono differenti sistemi.
    Il metodo cosiddetto “americano”, o Whitney, prevede che il cane impari a ricercare una precisa traccia odorosa di una singola persona. Prima di partire per la ricerca viene fatto annusare un indumento del disperso: avendo l’animale un’altissima sensibilità olfattiva, esso sarà in grado di memorizzare quel particolare odore e scartare le tracce delle altre persone. L’altro sistema è quello tedesco, messo a punto da Konrad Most: si basa sulla capacità del cane di ritrovare una traccia sul terreno, di chiunque essa sia. E’ idoneo in ambienti poco affollati, come quelli alpini, dove solitamente si ricercano dispersi in zone molto difficili e poco battute o addirittura quasi impraticabili.

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    In ogni caso è un lavoro impegnativo, ma gratificante per il cane, che quasi sempre lavora libero, svolgendo un’attività per la quale è naturalmente dotato: se si ha cura di frequentare terreni e ambienti diversi si terrà sempre vivo il suo interesse.
    La costrizione è totalmente assente: a differenza del lavoro “da gara”, in cui deve seguire la traccia precisa col naso a terra, in soccorso il cane è libero di usare il suo fiuto ed il suo discernimento per arrivare al disperso.
    Infatti il tempo che sempre intercorre tra l’evento e la chiamata delle unità fasì che la traccia divenga più labile e le particelle odorose vengano trascinate dai venti.
    Spesso piove, così il cane è costretto a seguire tracce labili ed alzare spesso il naso per percepire magari il “cono d’odore” che emana dalla persona e si assottiglia con la distanza.
    Il lavoro sul campo d’addestramento è altrettanto importante.
    Si inizia ovviamente con la socializzazione (da cucciolo se possibile) per arrivare agli esercizi di obbedienza veri e propri verso i sei mesi, quando comunque il soggetto è maturo per questo.
    Tali esercizi sono in parte simili a quelli che si insegnano ai cani impegnati in agonistica: la condotta con e senza guinzaglio, il seduto, il terra durante la marcia e libero per alcuni minuti, l’invio in avanti.
    La differenza fondamentale consiste nel fatto che non si pretende dal cane massima precisione e velocità di esecuzione particolari: lo scopo è quello di averlo sotto controllo in ogni situazione e quindi non importa se si siede un po’ storto o non si scaraventa a terra.
    I tempi sono quelli del binomio uomo-cane, che deve essere comunque molto affiatato.
    Non si pensi che questo lavoro sia per questo di minor valore, anzi.
    Si cerca di ottenere un’obbedienza non passiva né meccanica, ma spontanea e gioiosa, sfruttando come unico sistema il rapporto col conduttore ed il premio (bocconcino, pallina, carezza ecc.).
    I sistemi possono leggermente differire a seconda dell’età e dell’indole del cane: sono comunque banditi quelli violenti.
    Se è vero che ci deve essere un corretto rapporto gerarchico uomo-cane, la sottomissione ottenuta con la forza e la paura in protezione civile non serve: un cane così addestrato non avrebbe mai la motivazione per compiere un buon lavoro col proprio conduttore.
    L’uscita dopo l’esplorazione in coppia di un condotto sotterraneo

    Altro aspetto interessante è che l’unità, dopo i primi passi, impara comunque a lavorare con le altre presenti in campo.
    Questo per abituare il cane alle situazioni di emergenza reale, dove più binomi operano insieme.
    Spesso si fanno anche interventi ed esercitazioni con altri gruppi, per cui è di fondamentale importanza che il cane rimanga tranquillo e concentrato sul suo conduttore.
    E’ immediatamente intuibile l’utilità di un tale tipo di lavoro anche nelle situazioni della vita di tutti i giorni.
    Infine, viene curata tutta una serie di esercizi definiti di “palestra” perché comportano l’uso di attrezzi e non perché si debba fare lo “show”.
    Lo scopo è sempre quello di abituare il cane a fronteggiare serenamente le diverse situazioni che si possono affrontare nell’operatività.
    Gli si insegna quindi a camminare su terreni sconnessi, a passare su assi e ponteggi, ma anche a strisciare sotto un tunnel, saltare in alto ed in lungo, superare una palizzata, entrare in manufatti semichiusi.
    Il tutto sempre con gradualità e con l’accompagnamento del conduttore che sostiene, motiva e premia il proprio cane.
    Anche in questo caso vale la considerazione che conta lo scopo: il cane deve abituarsi a superare tutti gli ostacoli che si possono presentare con calma e senza inutili esibizioni agonistiche.
    Questo è il sistema che viene utilizzato anche per formare unità cinofile da ricerca dispersi sotto macerie: spesso le stesse unità sono preparate per entrambe le specializzazioni.
    Ovviamente il lavoro su macerie presuppone tutta una serie di insegnamenti specifici per la ricerca in ambienti così difficili.
    Se tutto questo vi sembra decisamente troppo, non è un buon motivo per non frequentare un campo d’addestramento di questo tipo: spesso, infatti, gli istruttori tengono anche corsi per i “privati”, che magari si associano e comunque sostengono il lavoro delle unità, senza essere operativi.
    I cani vengono comunque addestrati ad essere “in mano” nella vita di tutti i giorni, senza ovviamente ricevere insegnamenti specifici come la ricerca o la palestra.
    Poi magari un giorno, traviati dalla bravura del proprio quattrozampe, si passa “di là”…rovinandosi con le proprie mani: cominciano le levatacce di domenica mattina!

    Orietta Piazza

    fonte: Ti Presento Il Cane




     
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  2. staffydea
     
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    bellissimo post!!!! grazie per aver aggiunto la documentazione, sicuramente utile per chi è interessato all' attività :D
    ps: è possibile fare un punto della situazione sulla diffusione e la disposizione dei centri cinofili da soccorso in Italia?
     
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1 replies since 23/5/2011, 13:36   181 views
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