Nelle expo' lo standard del cane viene rispettato?

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  1. luca79liamstaff
     
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    ho fatto poche expo' con liam una da gareggiante e due da visore ma ho avuto mio zio il cui suocero per trent'anni ha allevato pastori tedeschi e mio zio ha portato in expo i suoi tre per almeno 6-7 anni io pur possenendone uno non l'ho mai portato ma non me ne sono persa una e ricordo perfettamente che fino a 10 anni fa(ultime rimembranze )prima di salire sul ring il cane veniva misurato al garrese e pesato...questo lo diceva pure mio zio era tassativo per poter gareggiare...ora ...nelle expo a cui ho assistito di persona con l'sbt non ho visto misurazioni ne' pesi....mi sbaglio?lo dico perche noto sempre cani divers per altezza e peso e i giudici spesso lasciano correre...chiedo una vostra opinione e soprattutto se non mi sto sbagliando...:)


    grazie
     
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  2. staffydea
     
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    altezza e pesi... ahiahiahi che brutta lama nel cuore!! ;)
    come hai potuto notare tu stesso, la pratica di misurare i vari soggetti in ring è ormai latente.
    Solo una volta un mio amico mi racconto di aver fatto misurare il suo stafford in expò durante i giudizi, ma io non ero presente.
    A parer mio sarebbe non utile, DI PIU', aver la conferma di cosa abbiamo per le mani, anche perchè i cinometri non sono cosi usuali (manco dai vet) e le misurazioni "a mano" risultano sempre approssimative.
     
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  3. Staffie
     
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    Rispondo a luca con un bell'articolo appena pubblicato su "Ti Presento Il Cane"

    Le esposizioni canine hanno ancora un significato? (parte prima: le porcate illecite)
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    C’era una volta la cinofilia: ma c’era anche, in un tempo ancor più lontano, la cinotecnia, o cinotecnica che dir si voglia…ovvero quella sorta di “filosofia cinofila” secondo la quale un cane dovrebbe essere costruito nel modo più corretto per svolgere il tipo di lavoro per il quale è stato selezionato.
    Molto, ma molto tempo fa, quando nacquero le prime esposizioni canine, il loro senso era proprio quello: un esperto nella razza X dava un giudizio cinotecnico sul soggetto Y, e i migliori soggetti identificati venivano guardati con occhio di riguardo come riproduttori.
    Se i cani appartenevano a razze da lavoro, al giudizio tecnico sulla morfologia si abbinava anche quello sulle qualità caratteriali, esibite appunto durante le cosiddette “prove di lavoro”.
    Quando un cane risultava contemporaneamente “bello e bravo”, ovvero riusciva ad ottenere il giudizio di “eccellente” sia in esposizione che in prova di lavoro, l’allevatore godeva come un riccio, cominciava ad utilizzare quel cane in riproduzione e (se maschio) lo proponeva anche per monte esterne, con la consapevolezza che avrebbe potuto migliorare la razza.
    I Giudici, in quei tempi remoti, erano quasi sempre Grandi Allevatori maiuscoli, rispettati da tutti perché avevano già dimostrato di sapere ottenere il massimo in allevamento e perché avevano superato brillantemente un severo esame tecnico.
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    Erano persone che avevano in testa, chiare come una bella fotografia, le proporzioni, le misure, i pesi ideali rappresentati dallo Standard di razza (sempre e solo redatto in funzione dell’utilizzo pratico del cane): quando un soggetto arrivava sul ring lo paragonavano a quella foto che avevano in mente e premiavano le caratteristiche nelle quali il soggetto che avevano di fronte si sovrapponeva a quella immagine, mentre penalizzavano come difetti i punti in cui se ne scostava.
    Poi il cane veniva invitato a camminare e a trottare: e il Giudice, nella sua mente, sostituiva la foto con un video in cui immaginava di vedere il movimento ideale, ripetendo lo stesso processo di identificazione di pregi e difetti.
    Se a fine gara non eri del tutto convinto, andavi a parlare col Giudice che cominciava a sciorinarti con scioltezza pesi, misure, proporzioni e spiegazioni del perché, per esempio, il tuo cane aveva una bella testa, ma un collo imperfetto. Ti spiegava, per esempio, che un collo un po’ corto come quello avrebbe potuto limitare la plasticità del galoppo in un levriero come il tuo. Ti suggeriva, qualora volessi accoppiare il tuo cane, di badare a trovargli un partner con un collo particolarmente corretto, per cercare di sistemare quel problemino.
    Alla fine tu te ne uscivi sempre non del tutto convinto (perché gli allevatori non accettano MAI che il loro cane possano avere un difetto), ma impressionato dalla competenza, dalla professionalità e dalla gentilezza del Giudice.
    Stringevi la mano agli avversari, accettavi giudizio e qualifica e ti mettevi subito in cerca di un cane (con un bellissimo collo) da accoppiare col tuo.

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    Ci sono, ancora oggi, le esposizioni canine: nelle quali i Giudici continuano ad essere allevatori (o ex tali) che hanno superato un severo esame tecnico.
    Solo che oggi, in Italia, quando i cani fanno il loro ingresso sul ring, può succedere (non dico che succeda sempre: ma spesso sì) che non li guardino neanche in faccia.
    Quelle che guardano realmente sono le facce dei conduttori (anzi, degli handler, in inglese che fa più figo), che immediatamente scremano dall’alto della loro esperienza: questo è un allevatore, quei due sono handler professionisti, questo è un pirla qualsiasi che ogni tanto appare con il suo cane… quello là boh, mai visto, dev’essere un novellino che porta il suo cane a questa expo solo perché abita a due chilometri da qui, quindi sarà la prima e l’ultima volta che lo vedo.
    A questo punto le qualifiche sono belle che attribuite, con il seguente criterio: Eccellente agli allevatori e agli handler professionisti, indipendentemente dalla qualità di ciò che portano al guinzaglio (gli handler, in un tempo non troppo remoto, accettavano di presentare solo cani di alto livello, per evitare figuracce: ormai presentano anche le peggiori ciofeche, tanto hanno capito che vincono lo stesso); Molto Buono al novellino, che intanto sarà felicissimo perché crede che “Molto Buono” sia un complimento, mentre in realtà per prendere meno di così bisogna presentare un carciofo con la coda.
    Il pirla qualsiasi…vedremo, magari do’ un’occhiata al cane e poi decido.
    Intanto, però, bisogna fare la classifica, perché gli Eccellente (ovvero gli handler e gli allevatori) sono cinque o sei e non possono vincere tutti.
    Allora: l’Eccellente primo lo diamo a quell’allevatore lì, perché è il Presidente del Gruppo cinofilo della città Y che mi piacerebbe tanto visitare, non ci sono ancora stato. E se gli faccio vincere il cane, ovviamente mi chiama a giudicare lì.
    Oppure potrei darlo a quell’altro, che in effetti ha il cane un po’ fuori pelo… però mi ha promesso che mi ritira tutta la cucciolata che mi è rimasta sul gobbone.
    Un posto sul podio lo devo dare di sicuro a quell”handler lì, perché, poveraccio, lui con questo lavoro ci campa: certo che se lo piazzo più indietro del secondo posto rischia di perdere il cliente (e poi le sei bottiglie di vino che mi ha mandato a casa erano proprio buone).
    Ah, lì c’è un altro handler, che anche lui poveraccio, deve campare: però non mi ha mandato neanche una cocacola.
    Eccellente quarto.
    Agli altri troviamo la scusa che i cani erano bellissimi, ma fuori forma (mettendoli comunque in rigoroso ordine di toelettatura); però segnamoceli, che la prossima volta li mettiamo più avanti. Altrimenti si incazzano e piantano grane col loro Club perché non mi vogliono più a giudicare la loro razza.
    E adesso vediamo chi mandare sul ring d’onore… uhm, il maschio in classe Campioni mi piace di più, ma quello che presenta la femmina in Libera non è forse il consigliere del Club che mi è venuto a prendere all’aeroporto quando hanno organizzato il loro raduno? Fa’ un po’ vedere bene la faccia! Cavoli, la smettesse di stare piegato sul cane…che non possiamo star qui tutto il giorno. Oh, ecco…ecco che alza la testa: ma sì, è proprio lui!
    E’ proprio quello che, qualche anno fa, in albergo mi ha fatto trovare quella simpatica sorpresina: quella che mi chiamava “scodinzolino mio”, perché sapeva che ero un giudice di cani.
    CAC, CACIB, BOB!
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    Va sempre così?
    No, grazie al cielo no. Ho detto “spesso”, non “sempre”.
    I giudici seri (che adesso si chiamano Esperti Giudici, come se quelli di prima fossero degli imbecilli) esistono, esattamente come esistono gli allevatori seri.
    Però, proprio come gli allevatori seri, bisogna individuarli e imparare a riconoscerli: perché purtroppo, anche ho ovviamente esagerato un filino, tutte le cose urende che ho descritto sopra succedono veramente.
    Magari non tutte contemporaneamente (a volte sì), ma succedono. E ve lo posso garantire essendo stata allevatrice, avendo utilizzato diversi handler e avendo fatto parte del consiglio direttivo di un Club… al cui interno, sia chiaro, succede pure di peggio.

    Per esempio, ci sono le riunioni del Consiglio in cui, all’ordine del giorno, potrebbero trovarsi (faccio esempi a caso) i seguenti punti:
    a) grave allarme sul fatto che all’interno della nostra razza ci sia un incremento mostruoso della tal malattia genetica;
    b) esame della denuncia fatta dal cliente dell’allevatore che ha venduto un cane figlio del cane X facendolo risultare come figlio di Y;
    c) scelta dell’Esperto Giudice per la Speciale di Vattelapesca.

    Bene, la riunione si svolgerà in questo modo:

    punto a): cinque minuti di discussione, al termine dei quali si decide che alla prossima riunione valuteremo la possibilità di rendere obbligatorio un esame per la diagnosi precoce della tal malattia genetica.
    punto b): un minuto e quaranta, giusto il tempo di dire all’allevatore incriminato (se presente, in quanto membro del Consiglio stesso): “Ma porca puttana, se devi fare ‘ste porcate almeno falle bene, senza farti beccare!”.
    Se invece l’allevatore non è presente gli si manda una letterina (che verrà scritta con calma più tardi, dal segretario) in cui lo si informa che il deprecabile caso che lo riguarda è stato segnalato al Collegio dei Probi Viri che lo convocherà per il mese successivo, quando gli dirà “Ma porca puttana, se devi fare ‘ste porcate almeno falle bene, senza non farti beccare!” (magari gli darà anche una multa, ma non è detto).
    punto c): quattro ore di rissa selvaggia: tre per stabilire quale Giudice dev’essere chiamato per la Speciale (ovviamente ognuno vuole assolutissimamente quello che ha fatto vincere più spesso il suo cane), più un’ora per decidere chi dovrà andare a prenderlo all’aeroporto

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    Va proprio-proprio sempre così?
    Ehm…sì. O almeno, ci si picchia molto vicino.

    Tutto ciò può spiegare, in parte, per quale motivo alcuni Esperti giudichino chiacchierando col commissario di ring (viste da fuori sembrano discussioni molto tecniche, ma in realtà la domanda più frequente è “chi è quello lì? Tu lo conosci?”) , mandando sms sul cellulare mentre il cane fa il suo giro al trotto, non toccando neppure il bobtail o il collie con quattro metri di pelo contonato e laccato, sotto il quale potrebbe esserci veramente di tutto, e così via.
    L’altra parte della spiegazione sta nella tragica esistenza dei cosiddetti “all round”, ovvero dei famigerati Giudici abilitati a giudicare tutte le razze del mondo.
    E figuriamoci.
    Le razze canine riconosciute sono uno sproposito, più di trecentocinquanta: non basterebbe una vita per studiare davvero, imparare a memoria e magari anche capire ed interpretare, gli Standard di ognuna di esse.
    Quindi il Giudice all round conosce bene la sua razza (o almeno si spera); ne capisce di altre tre-quattro che magari gli piacciono particolarmente; si è fatto un’idea decente di un’altra decina di razze molto diffuse, che quindi gli capitano sotto gli occhi in quantitativi industriali ad ogni expo, e bene o male ormai ci ha fatto l’cchio per forza.
    Per tutto il resto, questo signore è Esperto quanto il cugino del mio verduriere, che ha una passionaccia per i cani e ogni tanto si legge qualche monografia cinofila.
    Aggiungiamo che la qualifica di “all round” viene sempre e solo attribuita al culmine di una lunghissima carriera: col risultato che questi signori, oltre ad essere “Esperti relativi”, spesso sono anche ultraottantenni che possono manifestare qualche vago calo delle capacità visive (infatti, quando confabulano col commissario di ring, non gli chiedono più “Lo conosci quello?”, perché ormai conoscono TUTTI da due generazioni. Adesso chiedono: “Tu che ci vedi bene…quello lì con maglione rosso è proprio il famoso handler americano, o è uno che gli somiglia?”).
    A volte, oltre alle capacità visive, gli calano pure quelle cognitive (vedi: “Questo cane non è abbastanza quadrato!” “Eh, meno male, visto che è un pastore tedesco!” “Ma cosa dice? Il pastore tedesco deve stare nel quadrato!”. Episodio, ahinoi, realmente accaduto).
    L’unico lato buono degli ultraottantenni è che ormai non gliene frega più nulla di chi va a prenderli all’aeroporto.

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    Assodato tutto questo: ha ancora senso portare un cane a un’esposizione canina?
    In teoria no. In pratica sì, perché gli allevatori – a differenza dei Giudici – NON devono dare alcun esame per ottenere l’affisso: ergo, non sono tenuti a capire qualcosa di cani.
    Sembra folle (no, lasciatemelo proprio dire: E’ folle!), ma funziona così: per diventare allevatori basta fare due cucciolate e – ovviamente – pagare una bella cifretta all’ENCI.
    Il resto è tutto un optional. Optional che, grazie al cielo, moltissimi allevatori prendono seriamente, studiandosi a fondo la propria razza, con tutti i pregi e difetti possibili, con tutte le linee di sangue, con le possibili malattie genetiche e compagnia bella.
    Altri, però (specie quelli che allevatori si improvvisano, guarda caso, proprio quando una razza diventa di gran moda), non hanno alcuna intenzione di studiare alcunché, e la scelta dei riproduttori la delegano proprio alle expo. Più il cane vince, più gli faranno fare cuccioli.
    A queste persone, tocca ammetterlo, le expo servono ancora: perché il Giudice, alla fin fine, l’esame cinotecnico l’ha superato. Qualcosa di cani SA. A volte ne sa parecchio.
    E se è vero che qualifiche e classifiche potranno essere assegnate con i criteri visti sopra, è anche vero che il giudizio sul ring, anche solo per salvare la faccia, lo devono dare. Pregi e difetti li devono ancora individuare e citare. E mettere pure per iscritto.
    Se si ignora la classifica, se si prende con beneficio di inventario la qualifica (visto soprattutto che ormai un Eccellente non si nega a nessuno) e se si leggono SOLO i giudizi, qualcosa di buono può ancora venirne fuori. Qualche indicazione utile per l’allevamento può arrivare (ma di questo parleremo più a fondo nella seconda parte).
    E poi si può sempre avere l’immane culo (o la saggezza, se si pre-selezionano le expo a cui partecipare) di beccare il Giudice serio, veramente appassionato, magari giovane e ancora pieno di Sacro Fuoco, che essendo appunto giovane e non conoscendo ancora tutte le facce può perfino prendersi la briga di guardare i cani e di metterli in ordine di merito e non “di guinzaglio”.
    Magari ne capisce anche e dà giudizi corretti.
    Attenzione: se li dà TROPPO corretti, e magari sega il cane del Famoso Allevatore o dell’Handler VIP, la sua carriera potrebbe concludersi qui. Ma non disperiamo: c’è sempre il raro caso del Giudice corretto E ammanicato politicamente (in cinofilia o fuori di essa), che viene sempre chiamato perché, anche se ci tocca subire un giudizio davvero competente, poi con le sue conoscenze ci può tornare utile in qualche altro campo.
    Il Giudice ammanicato MA competente e al di sopra dei giochetti corrotti lo si riconosce facilmente dal fatto che gli organizzatori non gli presentano MAI i propri cani (intesi come “figli dei loro cani” o come “loro cani intestati ad altri” – magari il giorno prima - perchè quelli di loro proprietà non possono presentarli per regolamento), a meno che non siano davvero dei cani della madonna.

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    Insomma, come dovrebbe comportarsi, oggi, un allevatore?
    Apparentemente è molto semplice: se ne capisce di cani, se è in grado di valutare e giudicare da solo i propri soggetti, potrebbe tranquillamente starsene a casa, risparmiando tempo, soldi e incazzature, e girare alla larga dalle expo.
    Problema collaterale: in questo caso non avrebbe mai coppe e coccarde da mostrare orgogliosamente ai clienti (che ci tengono: e se non gliene fai vedere almeno uno scaffale pieno, cominciano a chiederti “scusi, ma perché i suoi cuccioli costano così cari, se i genitori non hanno vinto un accidenti?”. E non hanno neppure tutti i torti.
    La soluzione più facile (che infatti è abbastanza utilizzata…) è quella di aggirare il problema frequentando a spron battuto esposizioni locali, strapaesane, di parrocchia.
    Non solo un discreto allevatore vincerà sempre e comunque, scontrandosi con cani di negozio, “fatti in casa” e magari senza pedigree, ma si porterà a casa copponi giganteschi anche solo per aver vinto la classe (e siccome è probabile che arrivi fino al Best in Show, se ha un cane appena appena decente, tornerà a casa con sette-otto chili di coppe: con cinque o sei “locali”, uno scaffale si riempie).
    Purtroppo alle locali mancano i CAC e i CACIB, e quindi i campionati: ma per questi si può rimediare andando all’estero (se si hanno soldi da spendere), possibilmente in staterelli piccoli, dove ci sono pochi cani e spesso bruttini. E soprattutto, dove bastano due CAC per finire il campionato (e se poi becchi pure il CACIB, finisci anche quello internazionale).

    Se l’allevatore NON capisce un accidenti di cani, ma non vuole neppure accoppiare a casaccio e spera in un giudizio esterno valido per selezionare gli accoppiamenti, allora in expo gli tocca andarci. Ma dovrà imparare a distinguere, a scegliere, a selezionare: non i cani, ma gli Esperti Giudici.
    Perché , ripeto, quelli corretti ci sono, quelli bravi anche: l’abbinata è drammaticamente rara, ma qua e là troviamo anche quella.
    In generale: è mediamente più facile avere un giudizio onesto da un Giudice straniero (specie se a prenderlo all’aereoporto ci va la donna delle pulizie del Club, oppure un allevatore che non spiccica una parola nella lingua del suddetto Giudice).
    E’ quasi sempre più facile avere un giudizio onesto da un Giudice giovane, che ancora non è caduto nelle spire del Sistema: forse non avrà una grande esperienza, ma sopperirà con la pulizia morale. E poi, essendo fresco di studi, è più facile che si ricordi qualcosa sugli Standard.
    E’ mediamente più facile avere un giudizio onesto da una donna, perché non ho mai sentito, in trent’anni, che a una Giudice femmina qualcuno abbia fatto trovare sorpresine in albergo: e non datemi della maniaca, se insisto su questo punto, perché purtroppo conosco nomi e cognomi – anche se per ovvi motivi non posso farli – di molte, troppe persone che fanno “girare” più ragazze nel mondo cinofilo che all’ Olgettina (il che è tutto dire).

    Ultima considerazione: sono di più i Giudici corretti o quelli corrotti?
    Impossibile stabilirlo, anche perché ovviamente non conosco tutti gli Esperti mondiali: l’importante, però, è che l’allevatore o il proprietario di un cane non infilino direttamente nella seconda categoria il Giudice che non l’ha fatto vincere.
    La tentazione è fortissima, specie quando si sa come funzionano le cose: però la cosa non è così automatica.
    Anche l’allevatore più competente, quello che davanti a un cane estraneo saprebbe redarre un giudizio impeccabile, di fronte a suoi cade un po’ vittima della “sindrome dello scarrafone” (quella per cui “ogni scarrafone è bello a mamma sua”): ne sono stata vittima io stessa, quindi SO benissimo che non è questione di malafede, ma soltanto di amore. Nei nostri cani ci innamoriamo dei pregi e a volte non riusciamo proprio a vedere i difetti: e sapendolo, sarebbe molto bello poter pensare “vado in expo e mi fido di quello che dice il giudice, perché lui non ha la fette di prosciutto sugli occhi”.
    Un tempo si faceva davvero. Ora non più. Perché a forza di scoprire marciume, corruzione, porcate di ogni genere, è assolutamente UMANO che un allevatore (o un proprietario) pensi: “Ecco! Se non gli piace il mio meraviglioso cane, costui dev’essere PER FORZA corrotto!”
    Purtroppo, a volte, la triste realtà è che il nostro cane non è poi così meraviglioso. Ma in questo ambiente e di questi tempi, diventa sempre più difficile ammetterlo: trovare capri espiatori è moooolto più comodo e gratificante.

    Valeria Rossi

    fonte: Ti Presento Il Cane
     
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  4. staffydea
     
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    e qua ci sarebbe da stendere un bel tappeto rosso :D
     
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  5. Amorilla
     
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    al di là di tutto...la qualità di un cane non si giudica dall'altezza e nemmeno dal peso almeno che queste non siano palesi.. (cane obeso, cane nano, vatusso..)
    secondo me la taglia non dovrebbe penalizzare la qualità..
    altrimenti ci si spinge (come accade in molte razze) sempre più verso le femmine che sembrano maschi e i maschi che sembrano appartenenti ad altre razze..
    sono altre le cose che dovrebbero influenzare un giudizio..
    ho visto cani veramente INGUARDABILI perfettamente in taglia..
    poi è chiaro che gli eccessi andrebbero pensalizzati in ogni caso ma ultimamente vedo sempre meno dimorfismo sessuale..
    (non solo negli staffy).. femmine che fai fatica a capire se lo sono.. :o:
     
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  6. lungo brio
     
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    Che dire . . . . . .

    Dall'articolo che ho appena letto scaturisce l'immagine chiara e a colori vivi di una situazione poco confortante (diciamo così per mantenerci su termini "educati").

    Queste realtà sono più o meno conosciute da tutti, ognuno di noi avrà fatto caso al concretizzarsi davanti ai proprii occhi di qualche caso simile a quelli raccontati . Quello che è certo , a mio parere , è che comunque la mettiamo le expo sono anche un momento necessario a chi alleva per far vedere i suoi cani , per farsi conoscere , per scambiare opinioni e pareri.

    Io non sono certo un esperto, mi iscrivo nelle file di quelli appassionati che nella vita hanno letto qualche monografia, ma quando vado a bordo ring guardo i cani . . . . . vedo le prime selezioni e poi di solito non attendo mai il giudizio finale.
    Per contro cerco di parlare con gli espositori per farmi sempre un'idea aggiornata sulla situazione della razza che mi interessa.

    Per quanto riguarda lo standard , ritengo che non tutti gli standard siano uguali o ugualmente facili da capire e seguire. Quello dello staffy è notoriamente uno dei più "aperti" che si conoscano. Indicazioni precise scarse per non dire assenti, con indicazioni così tra le mani si lasciano le porte aperte alle più svariate interpretazioni . . . . e le cose si complicano non poco.

    In fine lo show impone (se si vuole vincere) la ricerca di caratteristiche sempre più "di impatto", e qui la ripida discesa verso le estremizzazioni dei caratteri estestici delle razze è già praticamente imboccatta senza freni.

    Chiudendo riprendo ciò che ho già espresso: expo=gioie e dolori . . . necessarie ma da prendere con le pinze . . . insomma da assumere in piccole dosi e sotto stretto controllo medico!!!!!
     
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  7. Staffie
     
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    vado avanti con la seconda parte dell'articolo:

    Le esposizioni canine hanno ancora un significato? (parte seconda: le porcate concettuali)

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    Nel precedente articolo abbiamo parlato di tutto il marcio, delle corruzione, delle mafie e mafiette che si annidano nel mondo delle expo: ma anche se fossero totalmente “pulite” dal punto di vista etico e morale…le mostre canine avrebbero davvero un significato tecnico?
    Abbiamo parlato di quello che avevano quando sono nate, ovvero nell’ 800. Le prime si tennero in Inghilterra, ed è chiaro che in pratica, a quei tempi, servivano soprattutto a chiarire quali cani fossero in standard e quali no.
    Anzi, a volte servivano addirittura per “creare” gli standard (che comunque erano sempre e SOLO basati sulla funzione).
    Oggi gli standard sono accessibili a tutti: esistono da tempo immemorabile, talora hanno avuto qualche modifica/assestamento, ma ormai sono ben fissati per ogni razza.
    Un allevatore decente non ha certo più bisogno del Giudice per capire se il suo cane è un labrador o un bassotto: ma non gli serve neppure sapere dal Giudice se il suo labrador o il suo bassotto sono perfettamente aderenti allo standard di razza.
    Un allevatore di buona qualità (se non è proprio un cagnaro della peggior risma) questo deve capirlo benissimo da solo.

    Le uniche funzioni residue delle expo, dunque (intese come funzioni “tecniche”) sarebbero le seguenti:

    a) far sapere al privato, al “cuggino”, al neofita completo, insomma al signore che si è comprato un cane, ma lo standard non sa manco cosa sia, se il suo soggetto è, a pieno titolo, un valido esponente della sua razza e se – in base a questo – gli conviene o meno farlo accoppiare;
    b) far sapere a tutto il mondo cinofilo se il bassotto perfettamente in standard presentato dall’allevamento X è più o meno bello del bassotto perfettamente in standard presentato dall’allevamento Y, cosicché il resto del mondo cinofilo sappia regolarsi quando deve cercare una monta.

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    Bene. Ma…siamo proprio sicuri che ce ne freghi qualcosa?
    O meglio:

    a) tra due cani perfettamente aderenti al proprio Standard (perché, se non fossero, col cavolo che gli allevatori ci avrebbero investito tempo e denaro per presentarli in giro per mezzo mondo), ci importa davvero sapere quale piaccia di più al giudice Pincopallo?
    Ovviamente no.
    Da allevatrice io ho sempre scelto i cani che piacevano a ME, e lo stesso penso facciano tutti i miei colleghi.
    Sicuramente le expo possono servire a farmi conoscere il cane X o il cane Y, che altrimenti non avrei modo di vedere a meno di non girarmi tutti gli allevamenti italiani.

    Ma se un’esposizione è una semplice “passerella”…allora a cosa serve il Giudice?
    L’impressione è che serva soprattutto a far odiare tutti gli allevatori tra loro, facendoli a volte litigare in modo eclatante e vivacizzando così la giornata per i poveri espositori che devono star lì a grattarsi le ginocchia fino all’ora di uscita, anche se non hanno fatto il BOB.
    Non mi pare una gran funzione, eh.

    b) (punto MOLTO più importante): ce ne frega davvero qualcosa di sapere che il cane X è bello-bellissimo-piùbelloditutti, se non abbiamo modo di sapere anche:

    1. quanta di questa straordinaria bellezza passa ai suoi figli
    2. se questa straordinaria bellezza non nasconda, per caso, qualche drammatica malattia genetica e/o un serio problema caratteriale?

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    La risposta è “SI” (ovvero: sì, ci importa della bellezza fine a se stessa), solo se consideriamo le expo alla stregua di un concorso di Miss Italia: la vincitrice dev’essere strafiga, se poi è deficiente, ignorante come una scarpa o portatrice di geni letali, freganulla. Se un domani, quando si sposerà, partorirà un nano pelato con la gobba, frega ancora meno.
    La fanciulla è strafiga, ergo verrà proiettata nel mondo dello spettacolo, tutti potranno godere di inquadrature in primissimo piano sulle sue tette e/o i suoi glutei, farà guadagnare tanti bei soldini ai suoi sponsor e bon, finita lì.
    Ma, scusatemi… un CANE?

    A che serve che un cane sia strafigo?
    Non finirà in televisione per questo (in TV ci finiscono, semmai, i cani bene addestrati), nessuno si ecciterà se viene fatto un primissimo piano al suo posteriore, nessuno sponsor ci investirà sopra solo per la sua avvenenza (anzi: i cani degli spot pubblicitari devono essere simpatici, non belli: vedi il simil-jack russell della Melinda, che con lo standard si piglia a pugni, ma è adorato da mezzo mondo e fa vendere le mele. Un cane da show, tutto tirato e impettito, sta sulle palle a quasi tutti – specie dopo gli attacchi reiterati degli animalisti – e non farebbe vendere neanche una nocciolina).

    Dunque: la bellezza fine a se stessa, in un cane, non porta da nessuna parte, se escludiamo l’orgoglio del proprietario che gode come un riccio mostrando il coppone del BIS ad amici, parenti e – se è un allevatore – clienti.

    Vogliamo dire che i campionati fanno vendere più cuccioli?
    E diciamolo pure: però non è vero.
    Come ho già spiegato nell’articolo precedente, il privato che viene a comprare un cucciolo vuole, sì, vedere un po’ di coppe e trofei, ma non distingue il BIS del Crufts dal Migliore di razza ottenuto alla fiera del paese.
    I campionati, i BOB, i BOS (mi rifiuto di citare raggruppamenti e Best in Show, che sono delle assurdità tecniche: sarebbe come fare una finale tra la Miss Italia di cui sopra, il vincitore del concorso di Mister Universo e il più bel gatto dell’ultima esposizione felina. Chi è il più bello? Ma dai!) dovrebbero servire a scegliere i riproduttori capaci di migliorare una razza.

    Se la vogliamo vedere in senso economico, servono a vendere monte, non cuccioli.
    Ma se nel 2011 compiamo ancora questa scelta in base alla morfologia del singolo soggetto, siamo dei pirla all’ennesima potenza.

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    Nell’Inghilterra dell’800 non si sapeva neppure che esistessero i geni (Mendel è nato nel 1822 e le sue prime pubblicazioni risalgono al 1865: la prima esposizione canina della storia si tenne nel 1859); figuriamoci quanto si sapeva di malattie ereditarie, ma anche di trasmissione genetica positiva, ovvero della capacità di trasmettere ai propri figli le migliori qualità.
    Da allora, però, sono passati 150 anni, e oggi sappiamo qualcosina di più… tant’è vero che in cinofilia, a un certo punto, sono apparse categorie come il “gruppo di allevamento”, che dovrebbe premiare l’omogeneità dei soggetti prodotti.
    In qualche raduno di Club esiste anche una “classe” (ma in realtà è più che altro si tratta di un’esibizione) riservata ai riproduttori in cui viene presentato un cane (quasi sempre maschio) con i suoi figli: all’estero la cosa comincia ad essere un po’ più diffusa, ma in Italia è davvero rarissima.
    Personalmente l’ho vista a un raduno di barboni, ed era davvero bello vedere il “papà” piazzato al centro del ring, con tutti i figli che gli trottavano intorno: anche se volessimo intendere le expo solo come spettacolo, quello ERA uno spettacolo!
    Solo che, a differenza del BIS che non serve a un accidenti, è uno spettacolo utilissimo per chi vuole capire cosa può “dare” un cane in riproduzione, oltre ad essere bello lui.
    Ma siccome è utile alla cinotecnia, non si fa. O si fa molto raramente.
    Certo, non è facile per un allevatore “recuperare” tot figli del suo cane – quasi sempre venduti in giro per l’Italia o per il mondo – e convogliarli tutti a una stessa expo: quindi non dico che si dovrebbe fare sempre e comunque…ma almeno ai raduni di razza, almeno alle Speciali, sì.
    Anche a UNA sola expo all’anno, toh: così chi è interessato ad utilizzare un cane si può fare un’idea della progenie già esistente…fermo restando che, se lui ha prodotto cinque bei cani e trentadue ciofeche, vedrà solo i cinque bei cani perché gli altri staranno a casa.
    Ma almeno vede “il meglio di”…e può sempre sperare che qualcosa di buono tocchi pure a lui. Oppure può decidere che quel cane è un cane della madonna, ma i suoi migliori figli sono mediocri: e quindi andare a cercare altrove, facendo sicuramente un favore alla razza.
    Il motivo principale per cui la classe “riproduttori” è così poco diffusa, purtroppo, temo stia proprio nel fatto che sono pochi i grandi campioni che possono vantare una progenie alla loro altezza. Ma, perdio, sarebbe anche giusto saperlo SEMPRE, se si è interessati al bene della razza. Se invece ci interessa solo far monte a tutto spiano, mettendoci in tasca i soldi, è un altro discorso: ma allora non definiamoci “cinofili”.

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    Ancora più grave, ovviamente, è il discorso sanitario: perché se mi nasce una ciofeca brutta come la notte ma sana, pazienza. La vendo a un privato e potranno essere felicissimi entrambi. Io, come allevatrice, lo sarò un po’ meno, ma loro vivranno felici e contenti; e il privato, con ogni probabilità, si sentirà ripetere ad ogni pie’ sospinto “ma che bel caneeeeeeeeeeeeeee…”, perché quello che è “ciofeca” per me è meravigliosamente bello per qualsiasi neofita. Voglio di’: se io sbagliavo un accoppiamento, non è che mi nascesse un siberian husky che somigliava a un incrocio tra un bassotto e un mocio vileda: semmai mi poteva nascere un cane a cui mancavano due denti, o che aveva la coda attaccata un po’ troppo altra: tutte cose per cui a me venivano gli istinti suicidi e dovevo rivoluzionare tutte le mie teorie di allevamento…ma il privato che se l’era preso manco se ne accorgeva. E i suoi amici-parenti-conoscenti nemmeno.

    SE invece nasce, che so, un cane epilettico o cardiopatico…allora non saranno mai felici nè lui, né il suo proprietario.
    E siccome oggi conosciamo gran parte delle malattie ereditarie, nel senso almeno che sappiamo “quali” sono ereditarie… sarebbe un filino fondamentale che i portatori riconosciuti di tali malattie NON potessero avere CAC e CACIB. E possibilmente neanche BIS.
    C’è un video, su youtube, che fa venire i capelli drittissimi a qualsiasi cinofilo “vero”: è molto lungo, tanto che è stato diviso in sei parti: è un documentario della BBC (ma è sottotitolato in italiano) che parla dei danni delle esposizioni sulla cinofilia.

    Avvisi ai naviganti: a) ci vuole uno stomaco di ferro per guardarlo (soprattutto per guardarlo senza sentirsi delle merde); b) i toni sono spesso esagerati, esasperati, un po’ da fanatismo animalista, che personalmente non condivido proprio: però i dati di fatto sono dati di fatto. Se un Cavalier king charles spaniel affetto da syringomyelia ha potuto vincere un Crufts, significa che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella cinofilia. Se poi la sua proprietaria racconta balle sul numero di monte eseguite, e se diversi allevatori se la prendono a morte con la signora che ha sollevato il problema, c’è qualcosa di ancora più sbagliato.

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    Insomma, a mio avviso sarebbe MOLTO opportuno che nell’anno di grazia 2011 qualcosa cambiasse nel modo di intendere le esposizioni: che possono rimanere ANCHE un momento di incontro, di scambio di opinioni (e pure di litigate, perché a volte qualcosa di buono nasce anche da quelle), di divertimento fine a se stesso (purché lo sia anche per i cani e non solo per i proprietari: altrimenti meglio risparmiare i soldi e una domenica al mese organizzare raduni di razza – e non – sui prati di un posto qualsiasi. Ci si incontra lo stesso, si scambiano opinioni lo stesso e ci si diverte tutti di più, specialmente i cani).

    Tutto questo va benissimo , per carità: ma le expo non possono essere diventate SOLO questo. Non se vogliamo dare loro ancora un minimo di significato cinotecnico.

    Se io fossi nei panni dell’ENCI, tanto per cominciare, chiederei – per tutte le razze e in tutte le expo, perché qualche club già si è mosso in questa direzione, ma “qualche” non basta – che CAC e CACIB venissero assegnati esclusivamente a soggetti testati per le malattie genetiche tipiche della loro razza, risultando esenti.

    E la cosa non dovrebbe valere solo per i campioni: io chiedere i test a qualsiasi cane che si voglia mettere in riproduzione, e solo a quelli con risultati negativi concederei un timbro sul pedigree con “adibito alla riproduzione”.
    Ora come ora ci sono (vedi per esempio i boxer bianchi) i pedigree col timbro “escluso dalla riproduzione”: perché non cominciamo un po’ a fare il contrario? Nessuno tromba se non è “pulito” geneticamente.

    E poi vediamo se la salute delle razze non migliora!
    I cani malati non vanno considerati “cani di serie B”, non vanno soppressi, non bisogna vergognarsene e “disconoscerli” come nel caso descritto in questo articolo.
    I cani malati vanno amati, curati, seguiti con tutta la CINOFILIA possibile: ma non devono accoppiarsi!
    Altrimenti daremo ragione ai “fanatici” del documentario della BBC, a proposito del quale, discutendo con un amico al quale avevo detto “sì, però questi sono inglesi, e ben sappiamo che gli inglesi sono un po’ “particolari” dal punto di vista cinofilo”, mi sono sentita rispondere: “sì, perché loro hanno cominciato prima di noi (con la cinofilia ufficiale, le esposizioni ecc.): quindi hanno fatto danni seri prima di noi. Ma è solo questione di tempo, se andiamo avanti così arriveremo anche noi agli stessi livelli”.
    Temo che abbia ragione da vendere: quindi, per carità, fermiamoci finché siamo in tempo.

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    Infine, sanità a parte: prima di attribuire un qualsiasi campionato di bellezza, io esigerei che il cane fosse già campione riproduttore: anche con i termini attuali, che sono piuttosto “morbidi” (tanto per fare un esempio personale, così non si offendere nessuno: tutti i miei cani hanno ottenuto quel titolo, ma alcuni di essi li ho tolti dalla riproduzione perché non mi davano proprio niente di quello che mi interessava): non voglio dire che un cane deve aspettare di avere sette o otto anni per finire un campionato.
    Però almeno un po’ di figli eccellenti deve averli prodotti: altrimenti è un bel cane, ok, ma non può dare niente alla sua razza e quindi non merita un campionato “cinotecnico”.
    In più esigerei almeno UNA “classe progenie” all’anno in cui il Giudice possa valutare almeno 6-7 figli di quel cane e decidere se vale di pena di attribuirgli un campionato. In pratica, io suggerirei di far tornare in auge la defunta “esposizione di campionato”: ma concepita in modo diverso. Un tempo bisognava vincere quella per ottenere il titolo di campione: ma chissenefrega. Oggi la farei rinascere dedicandola solo al controllo dei test sulle malattie ereditarie e della progenie: dopodiché possono diventare campioni anche 302 cani… ma solo se hanno dimostrato, in quella occasione, di essere sani (almeno per quel che si può controllare) e di aver prodotto almeno un certo numero di figli che siano degni rappresentanti della propria razza.
    E per stavolta mi fermo qui…ma presto arriverà anche una “parte terza”.

    Valeria Rossi

    fonte: Ti Presento il Cane
     
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  8. lungo brio
     
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    Questa Valeria Rossi ti incolla alla pagina web!!!!!!

    Interessantissima ed oltremodo condivisibile la teoria sui campioni riproduttori.
    Dovrebbero essere loro i "pilastri" su cui basare una seria selezione.

    Aspetto con ansia la parte terza . . . . la cosa mi sta appassionando più di una telenovela!!!!
     
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  9. Staffie
     
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    ahahaha :D :D :D
     
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  10. Amorilla
     
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    Valeria è una grande donna, una grande cinofila.. e da anni scrive spesso "fuori dal coro" :shifty: attirandosi spesso l'inimicizia di alcuni :lol:
    il nuovo "i presento il cnae" direi che è in un bellissimo fomrato e ricco di stupendi articoli (vecchi e nuovi) che comunque fa sempre piacere leggere
     
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  11. luca79liamstaff
     
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    beh pero' a che punto diciamo che e fuori dal coro? nel senso che credo che nella cinofilia ce ne siano di persone che la pensano esattamente come lei magari si contano nelle dita di una mano ma ci sono e indubbiamente danno fastidio...rompono ossia i cosidetti a chi usa i cani esclusivamente per fare business vendendo cuccioli e monte..cmq si aspetto con ansia la parte terza a apriamo una valeria rossi fan club su facebook!!!santifichiamola :):):):)
     
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  12. Staffie
     
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    ed ecco la tanto attesa parte terza, che per me racconta bene quello che si vede in expò con lo staffy pur parlando di siberian husky. La grande differenza sta nelle ultime affermazioni sui cani da lavoro, cosa che per lo staffy calza diversamente visto il tipo di attività da esso svolta. Questo non toglie che la CONOSCENZA e la COSCIENZA su come deve essere una corretta topline (cito quella per fare un esempio) e non la topline di un cane che vince con un giudice da expò italiana, fa molto meglio di tante coppette a tutti ma alla razza in primis. Certo non c'è bisogno della zingara per sapere cosa è giusto e cosa no nei cani che scegliamo in riproduzione, basta solo la cinognostica o se si è pigri una bella chiacchiera con chi ha vissuto la razza, ma spesso c'è chi da quell'orecchio è completamente sordo, e allora ci sta tutto un'altro articolo comparso su ti presento il cane intitolato "accoppiamoli tutti".

    Le esposizioni canine hanno ancora un significato? (parte terza: quando l’allevatore influenza lo standard)



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    Stavolta toccherò un solo argomento, che però mi sembra importante: ovvero, il fatto che spesso le razze cambino non perché lo Standard sia stato modificato, ma perché i Giudici vengono influenzati da ciò che vedono sui ring.
    Mi spiego con un esempio personalissimo.
    Il primo siberian husky che portai in expo non era mio: era di un cliente che me l’aveva portato ad addestrare perché scappava come un treno ogni volta che lo portava a correre in un prato, e quando andava bene lo recuperava in serata, altrimenti due o anche tre giorni dopo. Solitamente tornava coperto di sangue, al che il suo umano si terrorizzava (almeno le prime volte), poi lo lavava e scopriva che non aveva neanche un graffio.
    In compenso poi si sentivano voci su un misterioso “lupo o forse orso” che aveva devastato il pollaio X o fatto fuori mezzo gregge al pastore Y, “casualmente” proprio in quella zona lì.
    Il cane si chiamava Aslak ed era il primo husky che vedevo in vita mia (era la fine degli anni ’80). Giudicato col mio metro di adesso, lo definirei una grossa mucca bianca e nera con gli occhi azzurri, con pochi angoli davanti e troppi dietro, senza un briciolo di classe, con una coda orrenda e un pessimo movimento: ma a quel tempo me ne innamorai perdutamente.
    Ci lavorai sopra due mesi filati (bilancio: un pollaio fatto fuori quasi per intero, una pecora sgozzata e una capra salvata in extremis dall’attacco ma morta ugualmente d’infarto, povera bestia) e in quel tempo mi innamorati perdutamente anche del carattere dei cani nordici (perché alla fine avevo trovato la chiave per farmi obbedire, ed è stata una delle maggiori soddisfazioni della mia vita cinofila). Infatti decisi di allevarli.
    Però, carattere a parte, Aslak mi sembrava anche di una bellezza abbagliante: tanto che suggerii al suo proprietario di portarlo in expo.
    Lui, che non aveva neanche mai sentito nominare le mostre canine, non sapeva da che parte cominciare: così fui io a presentarlo, a fare tutti i CAC del caso e a vincere trionfalmente l’esposizione di campionato (a quei tempi esisteva ancora) battendo un ‘immane numero di avversari: due (i siberian husky in Italia, all’epoca, non è che fossero “pochi”: non c’erano! Li aveva solo la famiglia Agnelli, e i loro riuscivano ad essere ancora più brutti del “mio”).
    Non appena Aslak diventò campione, purtroppo, il suo proprietario si fiondò a prendere una femmina (in Finlandia, da dove proveniva anche Aslak) e cominciò a fare cucciolate a ripetizione: nel senso proprio di “una ad ogni calore”, visto che quei cuccioli così diversi dal solito e così particolari si vendevano come il pane.
    Per questo motivo, ovviamente, litigammo di brutto ed io non presi da lui la mia prima cucciola: altrimenti è probabile che sarei partita proprio con una bella muccona bianca e nera.
    Invece, fortunatamente, mi feci passare la cotta accecante (oltre al nervoso) e mi misi a ragionare da allevatrice: cominciai a studiare la razza, le sue origini, la sua storia, la sua evoluzione (trovando quasi esclusivamente materiale in inglese, lingua che io parlo come Luca Giurato parla l’italiano, e facendo quindi una fatica bestiale).
    Scrissi (male) a mezzi Stati Uniti e mi feci mandare uno sproposito di copie del “Siberian quarterly”, una rivista esclusivamente dedicata alla razza, che impiegò mesi ad arrivare…ma quando finalmente ebbi in mano le mie copie e cominciai a sfogliarle con gioia febbrile…mi trovai di fronte una razza completamente diversa da quella che conoscevo io!

    Com’è che erano così piccoli? (Aslak sfiorava i 65 cm al garrese, tipo pastore tedesco: a me pareva normale, visto che allevavo proprio quelli, ma in realtà era un filino fuori taglia).
    Com’è che la coda non gli faceva quella bella giravolta sulla schiena?
    E soprattutto, perché – con poche eccezioni – non avevano quei begli occhioni azzurri?!?
    Nel corso delle mi affannose ricerche (nel senso che cercavo di capirci qualcosa) ebbi l’immane botta di c… di trovare un’allevatrice italo-americana, che non solo parlava italiano (non avete idea del mio sollievo…), ma avendo la famiglia di origine a Pavia faceva continuamente la spola tra Stati Uniti e Italia. Lei si offrì di portarmi una cucciola figlia di due suoi campioni che aveva appena accoppiato, ed io accettai con entusiasmo.
    Sì, sì, dai, che bello! Solo, per favore… che abbia gli occhi azzurri!
    Ovviamente, con gli occhi azzurri, non ne nacque neppure uno.
    Morale della favola: io mi ero innamorata di un cane più o meno così (purtroppo non ho conservato foto di Aslak: ma il tipo all’incirca era questo..sempre che riusciate ad immaginarlo con una testa molto più grossolana, con la coda che appoggia sul dorso e con un posteriore iperangolato, da pastore tedesco):

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    La cagnina che mi portai a casa era fatta così (questa non è “simile a”: è proprio lei, la Snowwhite, capostipite del mio allevamento):

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    U-GUA-LI, vero?
    Sta di fatto che, una volta cresciuta la cucciola, la portai in expo, a un’internazionale, in classe Giovani: e lì ebbi un’altra botta di c…, perché la giudice era americana.
    Visto che gli altri concorrenti (sempre pochi, sia chiaro!) erano più sul tipo di Aslak … la Snow, a nove mesi appena compiuti e alla sua prima uscita in assoluto su un ring, si beccò l’Ecc. I e il Migliore di Razza (CAC e CACIB no, ma solo perché era in classe Giovani: altrimenti mi avrebbe dato anche quelli).

    Expo successiva, nazionale, un mesetto dopo: io entro sul ring tirandomela ogni oltre limite di tiraggio umano, e la classe è sempre quella. Stessi cani (anche perché c’erano solo quelli, in Italia), stessi conduttori (che io guardo dall’alto in basso, quasi compatendoli)…ma cambia il giudice, che stavolta è italiano.
    Risultato: MB terzo (giusto perché eravamo in tre).
    Motivo di tale discrepanza nei giudizi?
    Molto semplice: la giudice americana era abitata a vedere cani come il mio, e quelli degli altri italiani le facevano venire il mal di pancia. Il giudice italiano aveva visto sempre e solo cani come gli altri, e la mia non solo gli faceva venire il mal di pancia: non gli sembrava nemmeno un husky!
    Per fortuna, proprio in quel periodo, altri allevatori scoprirono che la razza, dopotutto, era americana e che non era una cattiva idea quella di importare cani dagli Stati Uniti. Quindi, nel giro di un annetto, gli husky cominciarono a somigliare tutti alla Snow (e meno male, perché così quel MB rimase l’unico sul suo libretto).
    A quel punto io scoprii anche una cosina che, da povera ingenuotta, non avevo neppure preso in considerazione: se importi un cane dal Paese d’origine di una razza poco nota, pubblicizzalo a tutto spiano!
    Appendi i manifesti con i risultati dei genitori, dei nonni e dei bisnonni. Fai sapere in giro, mooolto casualmente, quanto l’hai pagato (se è un cane americano o giapponese, tranquillo che la cifra farà sicuramente effetto).

    A parte quest’ultima considerazione, comunque, c’è da dire che la Snow (come gli altri cani americani che man mano arrivarono) stava perfettamente nello Standard, mentre per farci rientrare Aslak serviva un notevole sforzo interpretativo.
    Però, a parte cose “lievemente” eclatanti come l’altezza (per un maschio di siberian husky il massimo sono 60 cm… e già son già tanti, non ci arriva quasi nessuno), se uno legge lo Standard non è che si renda proprio conto di quale sia il tipo più corretto.
    Una volta che le misure e i rapporti ci sono, che gli angoli sono più o meno quelli, che la coda è portata correttamente… il cane della foto in alto è un husky, esattamente come quello della foto sotto.
    E’ altrettanto evidente, però, che in foto sembra di vedere due razze diverse.
    E se paragoniamo la Snow ai cani che girano sui ring di oggi, ne troveremo una terza, ancora diversa.

    Perché succede ciò? Semplice: perché gli Standard non sono fotografie.
    Quelli italiani in realtà sì, nel senso che esaminano ogni singolo centimetro, ogni pelo, ogni angolo con precisione millimetrica, e ti descrivono tutto perfettamente (col risultato che, molto spesso, i cani non ci arrivano neanche vicino, perché un cane COSI’ perfetto non esiste): ma gli standard americani lasciano ampi, ma proprio amplissimi spazi all’interpretazione del Giudice. Non parliamo poi degli Standard inglesi, che poco che dicano “il cane deve avere quattro zampe e una coda, fine”.
    A quel punto il Giudice, pover’uomo, cosa può fare?
    Ovviamente non può che farsi un’idea basandosi su quello che vede ogni domenica: indipendentemente dal fatto che quello che vede sia più o meno vicino all’idea che si era fatta leggendo lo Standard (ammesso e non concesso che l’abbia letto).
    Ma a questo punto può succedere che l’allevatore Pinco, che ha in casa quaranta fattrici e sforna duecento cuccioli all’anno, porti sui ring di tutta Italia un’overdose di cani suoi.
    Il doppio, il triplo, il quadruplo dell’allevatore Pallino, che invece di fattrici ne ha tre e può presentare, quando va bene, quattro o cinque cani suoi.
    Se Pinco alleva in modo molto diverso da Pallino, succederà che il giudice si troverà di fronte, in una classe, sette cani “di tipo Pinco” e un cane “di tipo Pallino”.
    Secondo voi, quale gli sembrerà quello giusto?
    Bravi, avete indovinato.
    Risultato? I cani di tipo Pinco saranno quelli che vincono di più, quelli che fanno i campionati, quelli che arrivano sul ring d’onore; quindi i cani di Pinco faranno più monte, quindi i cani di tipo Pallino diventeranno sempre più rari e sembreranno sempre più sbagliati a un numero sempre crescente di giudici.
    Alla fine la razza X verrà identificata SOLO nel tipo Pinco, e Pallino dovrà adeguarsi oppure chiudere bottega.

    E’ grave? No, se Pinco è bravo!
    Se però quello bravo era Pallino, son cavoli amari.
    Se Pinco è un allevatore che bada solo alla bellezza “cosmetica”, se è uno di quelli che, come dico solitamente io, “allevano peli”, e non cani… la razza rischia di prendere una brutta china.
    E la tragedia sta nel fatto che “allevare peli” è quasi sempre una scelta vincente, perché sui ring ormai si giudica badando più all’estetica che alla funzionalità.
    Così abbiamo gli husky “peluchoni” (che attaccati a una slitta probabilmente sverrebbero, sempre che non scompaiano proprio nella neve perché son diventati pure così tappi che da una neve medio-alta sporgerebbero solo le orecchie ), ma anche i collie dal mantello iperfluente e dalle gambe ipercorte, che dietro a un gregge non riuscirebbero più a correre perché le pecore li seminerebbero in cinque minuti; e anche i labrador obesi, che possono riportare giusto una pallina, basta che non gliela tiri troppo lontano; o i San Bernardo da 110 chili che sulla neve ormai sprofonderebbero, perché nessun manto nevoso al mondo potrebbe reggerne il peso.
    Fanno scena? Assolutamente SI’!
    Possono ancora fare il loro lavoro? Assolutamente NO!
    Tanto che, quando si tratta proprio di razze “da lavoro”, nate per quello e selezionate da sempre per quello, le linee finiscono per spaccarsi in due: da una parte i cani da show, dall’altra i cani da lavoro.
    Razze completamente diverse, tipi completamente diversi, allevatori separati, clienti idem.
    E’ già successo nel pastore tedesco, sta succedendo nel pastore belga e nel border collie… nel rough collie no, perché i cani da lavoro non esistono praticamente più.
    Se vuoi ancora un collie “fatto a cane da pastore”, devi cercarti uno smooth: che però, avendo il pelo corto, non piace e quindi ha diffusione zero, o quasi.
    Il rough collie da lavoro è una razza praticamente estinta: alla faccia di Lassie.

    Rimedi?
    Non ne ho. Neanche utopistici come quelli che ho presentato (o meglio, “vagheggiato”) per gli altri problemi.
    Non ne ho anche perché gli Standard, se vogliamo proprio dirlo papale papale, son malfatti.
    Troppo generici, con troppa libertà di interpretazione: esclusi quelli italiani, appunto…che però esagerano dal lato opposto e quindi, visto che nessun cane riesce a rispecchiarli in pieno, lasciano nuovamente molta libertà di interpretazione.
    Anche qui, alla fin fine, sono gli allevatori a decidere la razza: e in alcuni casi la disfano letteralmente.
    Provate a leggervi lo standard del mastino napoletano, tanto per dirne una, e poi guardate i cani di oggi. Non sono “lo standard”, ne sono l’esasperazione: a volte, oserei dire, la caricatura. Però vincono.
    Sono cani che ormai, se dovessero inseguire un malintenzionato, farebbero dieci metri prima di schiantarsi al suolo con la lingua fuori (sai che cani da guardia, eh…).
    Però hanno delle teste che pesano settanta chili l’una, e va bene così: il resto del cane è un optional.

    In un commento all’articolo di ieri, un amico (che è anche un nostro collaboratore) ha scritto più o meno così: “Lasciamo in pace chi si diverte con le expo esclusivamente cosmetiche, e proviamo a cercare un’alternativa per il lato zootecnico. Perché le expo ormai sono così e non c’è rimedio”.
    Probabilmente ha ragione (anzi, quasi sicuramente): ormai indietro non si torna, anche perché ci sono troppi interessi in ballo.
    Però questo mi sta bene solo fino al punto in cui una razza non viene completamente snaturata, rovinata, assassinata.
    Quando invece succede, io non riesco a pensare “lasciamoli stare, se son contenti così”. Perché saranno anche contenti gli espositori con le loro coppette: ma i cani proprio no.
    Non credo che nessun cane possa essere felice di non poter più respirare, da tanto corto che gli hanno fatto diventare il muso; o di non poter più correre. E magari neanche di avere addosso dieci chili di lacca per far stare in piedi trenta chili di pelo cotonato.
    Un limite DEVE esserci, dei paletti bisognerebbe metterli.
    E qualcuno, prima o poi, dovrebbe fissarli.

    Valeria Rossi

    fonte: Ti Presento il Cane





     
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  13. lungo brio
     
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    Anche questo "terzo atto" è degno dei due che l'hanno preceduto!!

    Come gli altri condivisibile e a tratti anche "sibillino"!!

    Io però dico che potrà anche essere vero che sono gli allevatori che , in fondo, fanno lo standard . . . . . ma non è giusto che i giudici siano talmente impreparati da non vedere soggetti con problemi fisici tali da rendere loro la vita difficile.

    Comunque io la vedo dura: contro le "mode" non c'è mai stato buon senso che tenga . . . si finisce sempre con l'esagerare.
     
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  14. luca79liamstaff
     
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    quoto su tutto lungo brio...anche se resto convinto che c'e' ancora una qualche mosca bianca...che fa le cose come si deve...speriamo chiunque sia continui...
     
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  15. lungo brio
     
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    CITAZIONE (luca79liamstaff @ 25/5/2011, 22:08) 
    quoto su tutto lungo brio...anche se resto convinto che c'e' ancora una qualche mosca bianca...che fa le cose come si deve...speriamo chiunque sia continui...

    Come tu hai quotato me io quoto te :D

    Sono d'accordo ( anche perchè conosco personalmente almeno una persona impegnata in tal senso ) che le mosche bianche non siano del tutto estinte.

    Quello che vedo come una dura battaglia è il fatto che questi "missionari in terra straniera" riescano a vincere sullo strapotere delle mode e del "sistema" che attualmente controllano il settore cinofilo.

    Rimango però convinto che quando un allevatore lavora BENE , non può avere altro destino che circondarsi di appassionati che si rendono conto di aver avuto da lui cani sani caratterialmente corretti e , perchè no , anche belli.
    Magari non avrà modo di esibire pareti piene di coppe e coccarde, riservate in grande quantità a chi fa parte dello "star system" , ma sicuramente avrà parecchie foto dei cani che ha allevato .
    Vuoi che questo non basti , ad un appassionato che si sia minimamente informato sulla razza, a dimostrare la validità della selezione operata???
     
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15 replies since 13/4/2011, 18:11   467 views
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